Avevo inaugurato questa sezione per raccontare storie e aneddoti. Notizie che hanno avuto subito un grande successo. Ragione per cui ho dirottato il tutto su di un nuovo mio sito: www.caniggia.eu Se, dunque vi interessano ancora i miei racconti, da qui potete raggiungere il mio blog di storia
Quando nel periodo di coronavirus posso fare solo... la guida turistica virtuale...
Lo scrittore Emile Zola e i “suoi” 13 avvocati valdostani
Parigi. Il 13 gennaio 1898 il celebre scrittore e giornalista francese Emile Zola (1840-1902) pubblicò sul giornale L’Aurore una lettera aperta indirizzata al
Presidente della Repubblica francese. Il contenuto del pezzo si esprimeva a sostegno del capitano Alfred Dreyfus (1859-1935) che era stato ingiustamente perseguitato e condannato per spionaggio. Per
quel J’accuse, Zola dovette subire una condanna per vilipendio all’Esercito, pena che prevedeva 3.000 franchi di
ammenda e un anno di reclusione.
La eco arrivò forte anche in Valle d’Aosta. Appena tre settimane dopo il J’accuse, cioè il 3 febbraio 1898, il
giornale Jacques Bonhomme pubblicava la notizia secondo cui ben 13 avvocati valdostani avevano indirizzato a Zola l’espressione della loro profonda ammirazione e simpatia e non solo:
Vous soutenez pour le bon droit et pour la vérité une lutte épique des plus nobles et des plus généreuses qui aient jamais été combattues. Alors que tout semblait s’écrouler, vous relevez par
votre sublime initiation la dignité humaine et vous rendez au monde entier la foi dans la justice et le progrès. Votre nom en reçoit une auréole qui sera consacrée par l’histoire; il devient
synonimie de générosité, de grandeur, et votre nation le reconnaîtra un jour. Nous nous inclinons devant le chevalier de l’humanité.
Esesattamente un mese dopo, invece, lo stesso foglio valdostano fu costretto a dare notizia di un’”asinata” (il titolo recitava proprio così: anérie). Ogni avvocato del barreau
d’Aoste, infatti, aveva ricevuto un biglietto da visita anonimo su cui vi era scritto: Zola, condoléances, 23. Un
fatto indegno per Jacques Bonhomme che catalogò il responsabile come un “volgare sfaccendato che ha voluto dimostrare spirito”, ma che “avrebbe potuto firmare il biglietto o almeno metterci
la sua foto”, aggiungendo infine che se così avesse fatto... “che bella testa d’asino si sarebbe vista sul foglietto”!
Nel frattempo l’Affaire Dreyfuss scosse la Francia. L’ammenda affibiata a Zola fu pagata (assieme alle costose spese
processuali) dall’amico e scrittore Octave Mirabeau, mentre l’anno di prigione fu evitato poiché Zola riparò in Inghilterra; nel 1890 egli fruì poi di un’amnistia.
Nel 1906, finalmente, la Corte di Cassazione revocò la sentenza e scagionò il capitano Dreyfuss che fu riabilitato; l’ufficiale partecipò alla Prima Guerra Mondiale, raggiunse il grado di Tenente
Colonnello e nel 1919 ottenne anche il grado di ufficiale della Légion d’honneur.
Dunque, i 13 avvocati valdostani ci avevano visto giusto e lunghissimo... e ciò malgrado il bigliettino su cui era scritto: Zola, condoléances, 23.
Quel sibillino “23” probabilmente voleva sottendere il giorno di febbraio in cui Zola fu condannato... Insomma, interpretando in qualche modo chi scrisse il bigliettino: “Cari avvocati avete
sbagliato tutto. Zola è stato condannato”...
(Mauro Caniggia Nicolotti, 3 aprile 2020)
Il pesce d'aprile... valdostano
Ci sono tante ipotesi per spiegare la tradizione del pesce d’aprile. In Francia, per esempio, tra le altre se ne ricorda una che ha come protagonista il duca di Lorena. Fatto imprigionare nel castello di Nancy da re Luigi XIII (1601-1643), il nobile sarebbe fuggito dal maniero attraversando a nuoto il fiume Meurthe; da allora in Lorena si sarebbe cominciato a dire come essi avevano dato ai francesi un pesce da sorvegliare…
In Valle d’Aosta ci sarebbe una storia analoga; non risale al primo giorno di aprile, ma è
certamente simile e rocambolesca come quella di Nancy… e soprattutto non è affatto leggendaria.
Eccola. Una tra le diverse invasioni francesi subite dalla Valle, quella del 1691, ci racconta che durante l’occupazione i nemici fecero ingenti danni e pretesero una somma altissima. Purtroppo,
però, i valdostani - malgrado avessero svuotato tasche, forzieri, case, chiese, magazzini, stalle e fienili - non riuscirono a raccogliere che la metà di quanto preteso. In attesa del restante, il
nemico prese in garanzia sei ostaggi che poi incarcerò nel castello di Chambéry. Dopo alcuni mesi - con la complicità della guardia che li aiutò e che scappò con loro - i prigionieri riuscirono ad
evadere. Come? Usando la classica fune fatta calare dalla finestra della cella. All’antivigilia di Natale dello stesso anno, cioè dopo 24 giorni di viaggio e di vicissitudini, i fuggitivi arrivarono
finalmente ad Aosta. Nicolas Champlot de Montargis, la guardia che li aveva aiutati, fu ricompensato con una pensione e si trasferì in Valle.
(Mauro Caniggia Nicolotti, 1° aprile 2020)
Una bufala del 1861
Nel novembre del 1861 molti giornali italiani e stranieri diramarono una breve secondo la quale, da Torino, il 45° reggimento si dirigeva verso Aosta ove pare
siano scoppiati gravi torbidi/des désordres ont éclaté à Aoste... Contemporaneamente i giornali valdostani sostenevano avec surprise come quelle notizie non descrivessero
affatto notre population calme et paisible.
Cosa era successo allora?
A Torino era deceduto il generale Angelo Crotti di Costigliole e suo nipote, il celebre conte Edoardo, aveva deciso di trasferire le spoglie ad Aosta. Il convoglio funebre era scortato, per
l’occasione, dal 45° e dal 46° cavalleggeri, da una compagnia d’artiglieria, da carabinieri, da una folla di militari, da 32 generali, da 300 ufficiali e da diverse persone dell’entourage del
Re...
Dunque, nessuna rivolta ad Aosta, ma...
(Mauro Caniggia Nicolotti, 20 marzo 2020)